I trigger point


I trigger point sono delle piccole zone muscolari che alla palpazione si presentano dolenti, a volte  fino a provocare una zona di dolore più vasta che può coinvolgere anche altri muscoli. È così che un trigger point nella zona glutei può innescare dolori nella schiena.
La loro forma tipica è quella di un pisello o di un pezzetto di spaghetto crudo. Si formano in caso di impiego non abituale e/o non idoneo di un muscolo durante movimenti o attraverso posture. Le tensioni non omogenee generate nel muscolo  finiscono per produrre delle zone di stress e di aderenza che diventano spesso punti di dolore.

Per esempio, praticare ciclismo con una sella troppo bassa compromette la postura dorsale, la coppia agonista/antagonista dei quadricipiti/ischio-crurali e sottopone il muscolo psoas ad una eccessiva sollecitazione. Inoltre, le tensioni che si verranno a produrre a livello del quadricipite saranno intermittenti e disordinate, così da creare le condizioni per l’insorgenza di trigger point.

Per comprendere gli effetti dei trigger point sul movimento, si può immaginare di passare sui capelli di una bambina una spazzola che si blocca subito su di un nodo. A quel punto, anche il movimento di spazzolare si blocca e si sceglie di agire diversamente, oppure di sciogliere il nodo.

Il trigger point è un nodo muscolare che impedisce il corretto movimento e che spinge a modificare la postura o gli schemi motori per mantenere l’efficienza  fisica. Travell e Simmons (1992, 1998) distinguono i trigger point in attivi o passivi e in primari o secondari.

Trigger point attivi e passivi
Alcuni trigger point vengono rilevati solo alla palpazione o all’automassaggio. Sono sicuramente dolorosi, influenzano il movimento e la postura, ma sono impercettibili nella vita di tutti i giorni, per questo vengono definiti “passivi”. Al contrario, i trigger point attivi si avvertono anche senza che siano stimolati e si avvertono in modo più o meno costante a seconda del momento e dell’attività svolta.

Allo stesso modo, il loro livello di irritabilità variabile ne influenza l’irradiazione e l’intensità. Lesioni, sollecitazioni intense (e ripetute) senza adeguato riscaldamento, posture inadeguate e prolungate ne favoriscono la comparsa.

È importante trattare entrambe le tipologie: il riposo può trasformare un trigger point attivo in passivo in qualsiasi momento, ma ciò non significa aver risolto il problema. Al contrario, qualsiasi trigger point passivo può diventare attivo in seguito ad una attività non adeguata.

Trigger point primari e secondari
Il trigger point primario può essere attivo o passivo ed è conseguente, come già spiegato, ad uno squilibrio motorio o posturale. Quando si propaga - o si è già propagato in passato - ad altri muscoli, crea ulteriori disordini a diversi livelli della catena miofasciale, generando dei trigger point secondari. Ecco perché l’approccio deve essere globale e non limitarsi al solo punto di dolore del momento. È possibile che un trigger point che si è propagato ad altri muscoli produca dei trigger point secondari: trattare questi ultimi senza aver risolto il problema a monte, avrà come conseguenza la probabile ricomparsa di nuovi trigger point secondari.

Non c’è altra scelta: devi prenderti il tempo per esplorare tutto il tuo corpo per aver cura di esso. Tieni presente che diversi punti trigger possono essere presenti nello stesso muscolo.

Il massaggio dei trigger point
Per far rilassare una fibra muscolare tesa occorre tempo, pazienza e movimento progressivo. Il dolore c’è, ma deve restare moderato per non provocare la reazione
contraria del trigger point. Si mira ad una intensità di dolore 5 su una scala da 1 a 10 (Davies, 2014). In caso si avverta troppo dolore, è opportuno massaggiare una zona limitrofa, se possibile nella stessa catena miofasciale (si veda il capitolo dedicato alle catene funzionali).
La frequenza è in genere più efficace dell’intensità, quindi si consiglia di ripetere il massaggio più volte al giorno.

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