Alimentazione e allenamento

Di Francesco Pasqualoni


Le metodologie moderne della preparazione sportiva prevedono universalmente per una buona prestazione che siano necessari tre fattori: l’allenamento, l’alimentazione e il recupero; se uno di questi risulterà inadeguato, la performance ne risentirà inevitabilmente.

Si deve quindi creare quindi una sorta di triangolo della prestazione in cui tali aspetti siano profondamente interconnessi. Volendo individuare quale tra questi sia più determinante ai fini del risultato, ci sono pochi dubbi nel dedicare il vertice più rilevante alle modalità di allenamento, ma è altrettanto certo che gli altri due aspetti non possono essere considerati poco significativi.
Basti pensare a tutti quei casi in cui si conduce un programma improntato sull’ipertrofia muscolare senza ottenere i risultati sperati; volendo escludere i fattori genetici tra le possibili cause di insuccesso, e dando per scontata la bontà dell’impostazione di allenamento, la motivazione ricadrà su un riposo inadeguato (a volte troppo ridotto) oppure su un’alimentazione carente nell’assunzione degli alimenti più indicati per creare ipertrofia.

Altro spunto di riflessione può riguardare il volume, l’intensità e la frequenza dell’esercizio fisico eseguito che, quando superano la capacità di recupero. fanno entrare l’atleta in una condizione caratterizzata da uno stallo nel miglioramento delle prestazioni con il rischio di una perdita di forza e benessere: è in questo che consiste il fenomeno del sovrallenamento.
Per recupero si intende il sonno notturno, fattore fondamentale di ristoro psicofisico, oltre al riposo inteso come tempo tra una seduta di lavoro e l’altra, in cui avviene il ripristino della condizione muscolare, con le microfratture muscolari procurate durante la seduta di allenamento che vengono ristabilite attraverso gli stimoli creati e i nutrienti introdotti, e il recupero del glicogeno impiegato durante l’attività svolta.

È risaputo che l’attività fisica può essere un polifarmaco per l’uomo, ma se non adeguatamente calibrata potrebbe anche portare il corpo in uno stato di stress.
Le necessità caloriche dell’atleta sono aumentate dal dispendio energetico e dal maggiore turnover muscolare, così come lo sono quelle idriche causa la produzione di sudore durante l’esercizio, con annesso e conseguente aumento del fabbisogno di vitamine e sali minerali.

Uno sportivo che non curi bene la propria alimentazione potrebbe essere esposto ai rischi di una malnutrizione ancor più della popolazione generale, in quanto sussisterebbe il rischio che aumenti il gap tra un elevato dispendio fisiologico e le introduzioni delle sostanze di reintegro.
In sintesi, l’atleta necessita di una alimentazione specifica anzitutto per garantire il proprio benessere, e in secondo luogo per l’ottimizzazione dei parametri di composizione della corporatura e l’immissione di adeguato “carburante”, alla ricerca della prestazione ottimale.

Esistono ovviamente differenze tra la corretta alimentazione per la popolazione generale e quella di un soggetto che pratica attività intensa. L’ alimentazione di base dell’atleta si fonda sui concetti di promozione della salute che valgono per la popolazione generale, esigenza che non necessariamente differisce molto da quella dell’uomo comune, dal punto di vista delle proporzioni di macro e micro nutrienti, quanto piuttosto dal punto di vista delle relative quantità da assumere, come conseguenza di un dispendio energetico e di un metabolismo al di sopra della norma.

La distribuzione dei pasti nella giornata
Non è possibile definire a priori quale sia il modo migliore di impostare la propria giornata alimentare e in effetti le possibili declinazioni di una corretta alimentazione possono essere numerose, adattandosi alle caratteristiche di ciascun individuo, sia in termini di fabbisogni nutrizionali stretti, sia di organizzazione della giornata.
Diversi addetti ai lavori ad esempio consigliano di suddividere le introduzioni caloriche giornaliere in più pasti composti, nelle giuste proporzioni e  contemporaneamente, da tutti e tre i macronutrienti.

La colazione
Un interrogativo che merita una razionale risposta è quello sul perché la colazione venga considerata uno dei pasti più importanti della giornata. La prima considerazione da fare riguarda la condizione di digiuno di circa dieci ore dal quale sta uscendo l’organismo: la glicemia al mattino è al livello basale dopo che le scorte di zuccheri incamerate durante la giornata precedente hanno coperto le necessità della notte.
La colazione dovrebbe essere quindi un pasto generoso e completo, non soltanto per reintrodurre quanto è stato speso, ma anche perché durante le ore mattutine il metabolismo generale del corpo è elevato, e la digestione sarà tendenzialmente più agevole rispetto a quanto potrebbe avvenire anche nelle ore successive.
Inoltre si dovrà iniziare a far fronte alle esigenze di energia di tutta la giornata, con la possibilità quindi di consumare ciò che sarà stato introdotto, nei momenti successivi, cosa che di certo molto più difficile ad esempio per il pasto serale.

Il pranzo
Fondamentalmente non ci sono aspetti particolari che contraddistinguano il pranzo dell’atleta dalle scelte che potrebbe fare un sedentario, se non per i quantitativi che verosimilmente saranno maggiori per il maggior dispendio energetico.
Per un soggetto molto attivo e nel suo peso forma, maschio o femmina che sia, è ipotizzabile che il pasto preveda una generosa fonte di carboidrati costituita da un primo piatto dissociato (ovvero senza fonti aggiuntive di proteine) oppure accompagnato da una porzione proteica, da assumere come piatto a parte o come condimento del primo.
L’eventuale presenza della fonte proteica può dipendere dalle proprie caratteristiche, sia personali (i propri gusti culinari, l’eventuale tempo a disposizione per la preparazione, la capacità di digestione di un pasto completo, la composizione degli altri pasti della giornata), sia rispetto alle necessità più strettamente legate alla tipologia di attività fisica che si conduce.
Un pranzo classico può apportare di norma il 25-30% dell’energia totale giornaliera, che rappresenta un carico cospicuo e che sarà digerito in circa 2-4 ore in base alla composizione.

La cena
I ritmi di vita dettati dall’attività lavorativa impongono poco tempo alla pausa pranzo e spesso fanno slittare la cena in tarda serata, facendola anche diventare il pasto principale, il più delle volte l’unico che si consuma in casa assieme a tutti i componenti della famiglia.
Esausti dopo la giornata lavorativa appena finita, in molti amano consumare un pasto ricco e gustoso “perché finalmente ci si rilassa”, come riferiscono numerosi soggetti sportivi e non sportivi intervistati nel tempo, sottolineando ancora una volta il potenziale gratificante contenuto nel cibo.
Tutto ciò però avviene in un momento in cui il metabolismo generale si riduce rispetto alle ore diurne, così come l’attività motoria che è limitata agli spostamenti dalla cucina al divano e poi finalmente al tanto agognato letto: il contesto tristemente ideale in cui non sarà facile evitare che un eventuale eccesso calorico si traduca in deposito di grassi.
In verità non c’è una prova inconfutabile a indicare che chi mangia di più al pasto serale sia più soggetto ad ingrassare, quantomeno ciò non è supportato da riscontri univoci e definitivi.

Per saperne di più scopri: Alimentazione, integrazione e composizione corporea per la macchina uomo in modalità sport. Francesco Pasqualoni. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2020.